sabato 20 maggio 2017

Io, tu, maggio e le rose

di Filomena Baratto

Vico Equense - Maggio è il mese delle rose, della Madonna, della mamma e sposarsi in questo mese è poco indicato proprio per essere il mese mariano. Non mancano però le eccezioni vista la bella stagione. Sposarsi è un evento importante e va celebrato con una grande cerimonia e non c’è periodo migliore della primavera. Da un po’ di anni ci si sposa anche di maggio. Le giovani coppie sono meno scaramantiche rispetto a quelle di una volta, dando molto più valore al progetto che costruiscono insieme che ad altro. E anche se c’è un’inversione di tendenza in questo senso, il matrimonio mostra le sue difficoltà. Lo dice l’Istat, gli osservatori familiari e l’andamento sociale. La vita presenta rapidi cambiamenti più di una volta ed è questo un parametro sociale di cui tener conto in ogni ambito. Ci si sposa avanti negli anni, di solito in media oltre i trenta, quando il sentimento tra due persone è ben consolidato e si può dare inizio al progetto di una famiglia. Così vuole la tradizione, così la religione e la burocrazia. Quando questo progetto parte, si attiva una macchina no stop, una rete intricata di relazioni e legami sociali. Una volta ci si sposava con poco, bastava l’amore e il detto due cuori e una capanna era più che vero. Oggi i due cuori vanno provati, devono sperimentarsi sul campo, per stabilire la resistenza alla convivenza. Superata la prova di alcuni anni, forse si giunge al matrimonio. Ma la capanna non basta più. Ci vorrà l’attico, la villa, l’appartamento di famiglia, la nuova costruzione nata apposta per noi. E ancora, ci vuole il sostegno mensile, un signor sostegno che possa tenere su il tenore di vita e lo stesso amore. Ci si sposa avanti con l’età e non importa se il tempo utile alla procreazione si assottiglia, tanto di figli ne bastano pochi, uno, due, al massimo tre se proprio non ci si limita.
 
La famiglia di oggi deve partire da una base solida fornita di tutto. Una volta le coppie si costruivano strada facendo, quando il pane quotidiano erano i sacrifici, e tanti: per la casa, per vivere, per un lavoro, per aiutare gli altri in famiglia. Oggi la famiglia ha un suo status, uno standard al di sotto del quale non ci si può sposare. Si aspetta sempre la fine dello studio, l’inizio del lavoro, il consolidamento di un posto, il benessere da offrire ai futuri componenti. Troppi vincoli allungano i tempi e stiracchiano l’amore che nel frattempo vive di contraccolpi. Molti non reggono alla lontananza per il lavoro, alle carriere lunghe che impegnano più di un figlio, all’ambizione di raggiungere le mete più difficili. All’inizio della vita insieme nel matrimonio si è già consumato qualche quinquennio di difficoltà, di sacrifici a favore del benessere che, una volta raggiunto, si crede di non aver bisogno più di nulla. Il matrimonio è come un trampolino di lancio dove la performance dell’inizio dà la misura del successo del suo futuro. Non esistono più coppie coraggiose che diano spazio al sentimento prima che al benessere. L’amore miete troppi dispiaceri, è diventato troppo labile, un sentimento sensibile per costruirci su e così si ha bisogno di tutto un supporto intorno a mo’ di cornice per abbellirlo. Il matrimonio è anche un business. Vuoi mettere l’abito da sposa? Firmato, con pizzi, raffinato, ultimo grido, costa quanto tre rate di mutuo e forse non ce la fai. E i fiori? Una volta erano omaggi naturali, dei nostri giardini, oggi sono intrecci di più semi, biologicamente modificati, con colori dettati dai desideri, tonalità speciali, profumi altamente concentrati. Un servizio floreale completo costa. Per non parlare del banchetto! Le fedi, il viaggio, le bomboniere, gli abiti, l’auto… A conti fatti mettendoci anche il servizio fotografico, che, se tutto va bene, potrai avere le foto tra un anno, dopo le anteprime, le ultime, le vere, le false, le manomesse, le artistiche, oggi un matrimonio costa quanto un appartamento, medio, ma un appartamento. Compreso il viaggio di nozze, ovviamente. Ripenso sempre a uno dei primi matrimoni a cui ho partecipato da bambina, dove la sposa aveva un vestito di raso, un velo leggero appena ai piedi, con fiori bianchi a ghirlanda intorno al capo, in mano un mazzolino di fiori d’arancio, leggero e piccolo, con lo sposo senza fronzoli e come unica civetteria i gemelli d’oro ai polsi. Si mangiò sotto il glicine di casa della sposa, con risate vere, cibo genuino, canti accompagnati dalla chitarra, come una festa di paese. Il loro viaggio fu di sette giorni a Venezia. Come ricordo, una gondola con luci fosforescenti che la sposa usava la sera al posto del lume sul comodino. Sfogliava il suo piccolo album di foto in bianco e nero a chi le faceva visita, e diceva a tutti che il suo sposo era al lavoro, che le voleva bene, non le faceva mancare niente e lei pregava per avere un bambino, come il sogno più alto a coronamento del loro amore. Per me quello è stato un matrimonio felice comprovato dalla loro lunga vita insieme sempre nel rispetto e nell’amore reciproco. Piccole cose, piccole richieste, piccoli gesti che erano di grande valore. Oggi la globalizzazione ci ha resi impotenti, piccoli, indifferenti. Ciascuno deve affermarsi, valorizzarsi al massimo per avere un posto nella società e non si ha poi tutto questo tempo per un progetto a due. Sposarsi è impegnativo con oneri verso se stessi e gli altri, e molto spesso si preferisce temporeggiare per crescere professionalmente. E’ pur vero che un contratto non sempre è indice di amore eterno così come un legame non ufficiale non sempre è un precario modo di volersi bene. L’amore ha strane vie e non ama essere incatenato. Libertà di scegliere ogni giorno la stessa persona, senza costrizioni né richieste di sorta. La responsabilità nasce anche sentendosi liberi di scegliere, e proprio quando non siamo liberi diventiamo irresponsabili. Resistere a lungo insieme non è sinonimo di amore, a volte ha più la parvenza di un iter da seguire o di una buona gestione. Il matrimonio incontra oggi le sue resistenze nella burocrazia, nel vincolo da sigillare, in cui l’amore teme di perdere la sua libertà e diventare costrizione. Se è vero che senza testimonianza a livello sociale, quell’amore non esiste, molto spesso la coppia formale, tra i tanti meandri in cui è costretta a destreggiarsi, risulta meno vera di altre. L’amore ha anche mezzi per definirsi, cambiare e ricostruirsi, ma molto spesso la separazione, il divorzio sembrano gogne peggiori della convivenza per i risvolti cui vanno incontro, per le difficoltà di adattamento, i soprusi tra coniugi in cui entrano immancabilmente in gioco anche i figli, spesso usati come strumenti di ricatto. C’eravamo tanto amati non c’entra più. C’entra quello che siamo diventati e la libertà di avere una vita piena e consapevole. E’ pur vero che l’amore è impegno in un progetto a due che necessita della testimonianza degli altri e che avviene attraverso formule burocratiche e riti. Si continua a pensare ad esso come un momento unico nella vita delle persone, soprattutto delle donne. I figli devono nascere all’interno di un progetto di vita serio. Ed è per questo che la donna desidera sposarsi più dell’uomo, lei in natura è colei che accoglie. Il momento per suggellare questo progetto è proprio il matrimonio. Tutto è visto in virtù della nascita di un cambiamento a costruzione illimitata dove, anche non volendo, si sottolinea quel “sempre” avverbio di tempo così legato all’amore.

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