lunedì 5 dicembre 2016

Voto, la Campania non diserta il No surclassa il fronte del Sì

Matteo Renzi
Le riforme respinte dal 68% contro il 31%. Affluenza al 58% 

Fonte: Gerardo Ausiello da Il Mattino 

Se in tutto il Paese ha vinto il No, in Campania ha addirittura stravinto. In particolare, stando agli scrutini di 4.293 sezioni su 5.826, il Sì è fermo poco sopra il 30% mentre il No è poco sotto il 70%. A bocciare la riforma costituzionale del governo Renzi è stata soprattutto Napoli (il No oltre il 70). Affluenza al 58,88 % rispetto al dato nazionale del 68,48%. Non è stata decisiva come la Florida alle presidenziali americane, ma la Campania ha decisamente trainato il fronte del No. Se infatti in tutto il Paese ha vinto il No, in Campania ha addirittura stravinto. Basta guardare i numeri per rendersene conto. A scrutinio quasi concluso (5127 sezioni su 5826), nella regione il Sì ha raggiunto appena il 31,57 per cento, il No è arrivato al 68,43 per cento. A bocciare la riforma costituzionale del governo Renzi è stata soprattutto la provincia di Napoli, dove il No ha sfondato il muro del 70 per cento, mentre il capoluogo partenopeo si attesta sulla media nazionale. Stesso discorso a Caserta. Si sono espressi in favore della Costituzione del 1948 pure gli elettori di Benevento, Avellino e del Salernitano. È una sconfitta netta, oltre che del premier Renzi, anche del governatore De Luca, che si era impegnato pancia a terra per sostenere la riforma.
 
E che perde inesorabilmente la sua battaglia, persino nella città dove è stato sindaco per 20 anni: a Salerno il fronte antirenziano ha ottenuto ben 20 punti in più. Significativi i dati sull'affluenza. È stata buona la partecipazione dei cittadini (nettamente superiore ai due precedenti referendum costituzionali: nel 2001 votò appena il 24,7 per cento, nel 2006 solo il 40,9), anche se il divario con alcune Regioni del Centro-Nord appare evidente. Alle 12 i votanti erano stati appena il 15,12 per cento, ovvero 5 punti in meno della media nazionale. Un trend che si è accentuato con la rilevazione delle 19, quando la Campania ha raggiunto il 46,41 per cento mentre nel resto del Paese si è arrivati al 57,22, ed è stato poi confermato dal dato finale delle 23:58,88 rispetto al 68,48. In controtendenza Salerno, dove l'affluenza è stata fin dalle prime ore del mattino superiore alla media regionale: il 16,22 per cento alle 12, il 50,59 alle 19, il 66,90 alle 23. Non fa eccezione, invece, Napoli, che confermalo scarso feeling con le urne: se alle 12 nel capoluogo partenopeo aveva votato il 14,98 per cento, alle 19 non si è andati oltre il 42,86 e alle 23 non oltre il 53,86, quindi 5 punti in meno della media regionale. Totalmente diverso, ad esempio, il quadro in Lombardia (quarta regione per affluenza, dopo Veneto, Emilia Romagna e Toscana) dove alle 12 ha votato il 23,87, alle 19 il 64,21, e alle 23 il 74,22. Leggermente più basse le percentuali di Milano (22,79 alle 12, 60,88 alle 19, 71,71 alle 23), ma comunque nettamente superiori a quelle del capoluogo partenopeo e della Campania. La distanza tra Nord e Sud è tutta qui, in questi numeri, che mostrano un Paese ancora profondamente diviso e a due velocità. La Campania, comunque, non si è messa in luce solo per i risultati. Per tutta la campagna elettorale, infatti, non sono mancati veleni e polemiche, anche perché si è capito subito che il voto di questo territorio sarebbe stato importante. Ecco che Napoli e il resto della regione sono divenute subito crocevia della battaglia combattuta a livello nazionale. Basti pensare che solo nelle ultime tre settimane il premier Renzi è stato protagonista di cinque appuntamenti, tra visite istituzionali e politiche (prima a Pozzuoli, dove ha presenziato alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico delle Scuole di formazione dell'Aeronautica militare, poi a Napoli per chiudere l'assemblea nazionale sul Mezzogiorno promossa da De Luca, quindi a Benevento e Caserta lo stesso giorno per due comizi sul referendum, infine ad Ercolano e a Napoli, giovedì scorso, per la chiusura della campagna referendaria al Sud). All'ombra del Vesuvio sono inoltre arrivati molti ministri (Boschi, Delrio, Franceschini, Alfano, Calenda) e persino numerosi sindaci provenienti da ogni parte d'Italia, che hanno partecipato a due appuntamenti in favore del Sì. Ma la tensione è salita alle stelle pure per lo scontro frontale tra il governatore e i grillini nonché per la rivalità De Luca-de Magistris, tra i quali è calato il gelo. Per questo il verdetto delle urne non potrà non avere conseguenze anche sugli equilibri locali. Si pensi, in primis, alla posizione di De Luca, che si è esposto molto in favore del Sì, divenendo bersaglio degli attacchi delle forze politiche antirenziane per alcune uscite infelici (dalle frasi choc sulla presidente dell'Antimafia Bindi al famigerato discorso agli amministratori all'hotel Ramada, che gli è valso l'accusa di voto di scambio, fino al pressing sulla norma, subito battezzata dalle opposizioni «ad De Lucani», che gli consentirà, dal 2017, di ottenere i poteri commissariali della sanità). Così, dopo le polemiche, al governatore era stata imposta la linea del silenzio. «Ne riparleremo il 5 dicembre», aveva annunciato De Luca. Ma quando lo ha detto sperava ovviamente in un altro risultato.

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