sabato 17 settembre 2016

Giù la gogna!

di Filomena Baratto

Vico Equense - Morire così giovane per un video hard! Come madre provo rabbia, impotenza per questo strumento che sta diventando sempre più pericoloso e a cui deleghiamo parte della nostra vita come se fosse più vero della realtà. Sono anche delusa dai garanti di questo strumento che non credo esistano visto che non tutelano la persona e permettono il linciaggio mediatico. Una rete diventata troppo grande, immensa, che invece di farci ritrovare, ci fa perdere di vista. I genitori, quelli che erano accanto a Tiziana, quelli che la conoscevano, chi magari sapeva e non ha agito, per “non intromettersi nei fatti altrui”, dovevano difenderla, ma non ce l’hanno fatta. E così, un gesto reprensibile di una ragazza lasciatasi andare a giochi senza pensare alle conseguenze (qui la sua leggerezza) è diventato un orrore. E non sappiamo nemmeno più provare dolore visto che sul web anche la morte passa inosservata, appena un’ombra per dire che è finito il tormentone della “vacca”. E tutto il vespaio creato intorno non ha fatto altro che incrementare guadagni no stop da parte di multinazionali che gestiscono i siti e che continuano ancora oggi, dopo la morte di Tiziana, a percepire proventi. Quanto vale una vita? Niente, soprattutto se la persona ha commesso un errore ed è ritenuta colpevole. Con tutta questa tecnologia, credetemi, i giovani sono soli. “Whatsapparsi” 24 ore al giorno non significa esserci, confondendo la parola scritta con il calore umano dello stare insieme, con una differita tra quello che si pensa e quello che perviene. Cosa sappiamo della vita dei nostri figli? Chi sa realmente quello che vivono? A tavola mangiano con il telefonino, scattano foto anche nel bagno, riprendono l’impossibile per la mania dei selfie ovunque. Anche il sesso si presta allo scatto diventando esibizionismo, tutto pur di apparire credendo in questo di “essere”. Sono atteggiamenti da correggere sin da piccoli per poter gestire la tecnologia e metterla al proprio servizio e non diventarne schiavi. Un conto è fare di queste cose una libera scelta, un altro innescare un meccanismo e per induzione arrivare a quello che abbiamo assistito.
 
In gruppo, per scommessa o per spavalderia, per dimostrare qualcosa o per vendetta si alimentano giochi sempre più pericolosi, che non possiamo chiamare amore. Il vero amore è silenzioso, non sbraita e non uccide, non istiga. Come mamma sono preoccupata, altro che plagio e stalking, qui stiamo oltre. Ma già immagino i benpensanti, con quei sorrisini di circostanza, a dire che tutto sommato era una ragazza facile, e magari concentriamo l’accaduto con qualche parola forte e basta. Una parola facile sulla bocca di uomini che non conoscono nemmeno il valore del termine. Mia nonna diceva di non chiamare “ladro” un altro se hai figli maschi e non dire “puttana” se hai femmine. Io eviterei proprio qualsiasi giudizio e cercherei di capire come aiutare i più giovani per non lasciarli assistere impotenti a questi fattacci. Non ho mai creduto in quegli uomini che hanno tante visioni di donne, che le dividono in categorie, che credono tutto il male possibile della altre e tutta la santità delle loro. C’è un aspetto delle donne di cui molti uomini si servono ed è la loro fragilità. La stessa fragilità è anche negli uomini e così ci si mostra fragili, egoisti, narcisisti, privi di personalità, senza profondità nelle azioni e nei pensieri. Educarsi è un processo lungo che avviene attraverso gli altri e il loro esempio, con la loro interazione, così come l’educazione ai sentimenti, all’affettività. Se avete figlie femmine insegnate loro che è molto meglio pentirsi e anche vergognarsi (che non è altro che l’autoconsapevolezza di quanto accaduto) e non diventare schiavi delle opinioni degli altri, che c’è sempre una possibilità, che l’errore non preclude il loro valore, che solo chi non vive non sbaglia. Bisogna aver rispetto del prossimo non per come lo definiamo o per il giudizio che gli preserviamo, ma per avere una sua dignità.

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