giovedì 24 marzo 2016

Un buon politico

di Filomena Baratto

Vico Equense - Nel romanzo I Vicerè di F. De Roberto, il Duca d’Oragua afferma “Ora che l’Italia è fatta, bisogna fare gli affari nostri” e ancora oggi per politica si intende affari e non cosa pubblica. Dal romanzo di De Roberto ad oggi, la realtà politica italiana è cambiata poco, se non peggiorata. Mi fanno ridere quelli che ancora credono che la politica si divida in destra, centro, sinistra e con precisi ideali di una volta. Ancora ti guardano cercando di affibbiarti l’adesione al partito e, se sei di quello o di quell’altro, non puoi pensare diversamente, come se un partito fosse cosa statica e immutabile. Oggi è questione di uomini e non di ideali, quelli non esistono più o sono deboli e poco convincenti. Per partito si intende un gruppo sotto la guida di una persona carismatica capace di indirizzare e definire un programma. La politica dovrebbe interessare tutti anche categorie poco avvezze come quella dei giovani. Se si riuscisse a coinvolgere anche questo mondo del tutto assente, sarebbe già un bel traguardo per la politica. I giovani devono essere affascinati, devono trovare un terreno di lavoro convincente, pulito, interessante. Devono imparare l’arte della politica in modo sano per non allontanarsene più.


La partecipazione massiccia della popolazione è indice di interesse alla comunità. Non ci sono più ideali come una volta, spesso si rimpiange o il passato o, nella presunzione di operare meglio rispetto a un tempo, si inventano partiti, slogan e novità senza però dare sostanza a quanto si dice. La parola ha un grande valore a livello politico, non che non lo abbia in altri campi, ma qui una parola al posto giusto diventa catalizzatore di voti e non c’entra quanto vera sia la cosa detta, quanto invece sia convincente. E’ importante in politica dare all’elettore un sogno, in relazione a un discorso, un fatto, un’esigenza ma che poi diventi realtà. L’ars oratoria è tra le più apprezzate virtù del politico e non solo di oggi, senza la favella, di cui si fregia, nessun discorso potrebbe costruirsi. La vera politica nasce in periodi di processi politici e sociali come nel I sec. a. C. a Roma, periodo in cui gli interessi individuali tendevano a prevalere su quelli collettivi. Cicerone divenne un abile e insuperabile oratore disputando le sue cause più importanti: le Verrine, le Catilinarie, le Filippiche, che rappresentano tre momenti particolarissimi di eloquenza. Ma oggi l’oratoria dev’essere supportata da contenuti, da valori e preparazione culturale che molto spesso sono presenti solo in parte. L’oratoria da sola non basta e se non supportata da una salda coscienza morale, può risultare pericolosa perché strumento eversivo e rivoluzionario. Un buon politico deve fare progetti per il futuro, tenere conto del luogo su cui si opera, delle necessità dei cittadini e attenersi alle caratteristiche della popolazione. Programmare è alla base della politica, senza la quale non si costruisce. E sono questi progetti che mancano o, se si costruiscono, poi diventano solo freddi e vuoti punti di riferimento, visto che, strada facendo, cambiano le priorità, le alleanze, le motivazioni, gli entusiasmi. In tempi di fermenti politici, si presentano alla mente richiami storici, contro la politica moderna fatta di scontri, di paroloni, di cattivi esempi, di sopraffazioni, di colpi bassi agli avversari. La corsa al potere fa gola e come disse Andreotti “il potere logora chi non ce l’ha”nella mentalità politica odierna. Nel Rinascimento, il Guicciardini operò un’analisi dettagliata del suo tempo, dei cittadini e delle strategie.”Dialogo del reggimento di Firenze” è una sua opera del 1521 quando era commissario generale dell’esercito imperiale e papale in lotta contro i Francesi. E’ in forma dialogica, secondo i canoni dell’Umanesimo, dove ci sono concetti basilari che si credono superati ma sempre validi. Si parte dal concetto di civiltà, senza il quale non si può designare un sistema politico che, pertanto, dev’essere estraneo all’arbitrio e caratterizzato dal dominio delle leggi. Per il Guicciardini,un buon politico deve avere una grande qualità, la prudenza, senza la quale sarà difficile destreggiarsi nei meandri dei palazzi. Per essa si intende intelligenza analitica e saggezza, inseparabili dall’esperienza. La forma migliore di governo è quello naturale, che si adatta cioè alla natura dei cittadini e che valorizza le caratteristiche della comunità. Spesso, afferma Guicciardini, si fa ampio uso del concetto di libertà per mascherare l’ambizione del politico che non ha per obiettivo la vera libertà ma un ampliamento della sua potenza. Qualità fondamentale del politico è la “discrezione”, cioè la capacità di distinguere, di cogliere la specificità delle situazioni nella loro irripetibile unicità. Il maggior vincolo delle città è la benevolenza dei cittadini, l’uno con l’altro. La Concordia civium o concordia ordinum non va confusa con i valori di tolleranza e del reciproco rispetto. E’ uno stato civile di cittadini organizzati in una costituzione e obbedienti alle leggi. Per Guicciardini vi sono due fuochi in politica, costituiti dall’ordine e dalla crisi, e vi è un’impossibilità di previsione certa per un definitivo ordine che possa esorcizzare la crisi. L’impossibilità deriva dall’insicurezza dei protagonisti politici. Non vi è un politico capace e adeguato al dominio delle situazioni. In lui accidenti, caso ed eccezioni diventano non la conferma della regola ma esse stesse le regole. Il politico non può dare una proiezione precisa della situazione in quanto è parte dello stesso quadro e in cui agisce. Ogni questione va presa singolarmente e non c’è tecnica, per non esserci un ideale tracciabile. Il pronostico sugli eventi futuri non può essere avvalorato dagli exempla storici, egli era poco incline alle isotipie storiche che potessero garantire una preveggenza politica. La ripetizione degli eventi può solo educare lo sguardo che si volge al futuro. Spesso di un autore ci limitiamo a quello che di più spicciolo può essere preso, mentre si tralascia la parte importante del suo pensiero politico. Un politico non si chiude in quattro pareti di idee o di concezioni, ma è aperto verso gli altri, propenso all’ascolto e ai bisogni non solo di chi rappresenta la sua coperta di voti, ma soprattutto di chi aspetta dalla politica, non il favore, ma il normale corso amministrativo per migliorare le sue condizioni. La politica dev’essere costruita con idee fresche di volta in volta aderenti alla realtà, ai fatti, agli uomini e che non tramuti in adattabilità a interessi personali sempre e comunque.

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