venerdì 27 febbraio 2015

L'analisi. Il passato che rottama il nuovo

Fonte: Pietro Perone da Il Mattino 

Potenziali candidati in attesa di investiture dall'alto, altri lanciati in corsa e poi ritirati a due giorni dal voto: ecco servito il caos del centrosinistra campano, già passato alla storia nel 2011, quando nella gara per designare il candidato sindaco di Napoli si fece uso massiccio di voti provenienti da cittadini cinesi che del Pd non mai avevano sentito parlare, prima di essere dirottati nei gazebo. Rinuncia Gennaro Migliore, arrivato nel Pd via Sei; si fa mori Nello Di Nardo dell'Idv, sottosegretario nell'epoca del centrosinistra formato Mastella. Altro che largo ai giovani nel segno della rottamazione. Si assisterà piuttosto a un duello tra due ex Pci-Pds-Ds: Vincenzo De Luca, sindaco di Salemo, attualmente sospeso per effetto della legge Severino, e l'europarlamentare Andrea Cozzolino. Unico esponente non del Pd, che legittima le primarie di coalizione, è il socialista Marco Di Lello, che resta in corsa sperando in un buon piazzamento da far valere in futuro, semmai quando bisognerà scegliere il candidato sindaco di Napoli.
 
Di fatto assisteremo a una gara a due, epilogo di oltre due mesi di veleni e del continuo tentativo di una parte del gruppo dirigente regionale del Pd di annullare la competizione per decidere il candidato lontano dai gazebo della democrazia interna, annullando così lo strumento di partecipazione di cui Renzi è il principale «prodotto». Un tentativo suicida sul piano politico che ha dato origine a una sceneggiata da II passato che rottama il nuovo cui il premier ha fatto di tutto per tenersi fuori, ma la cui assenza ha contribuito a fare in modo che si consumassero mille manovre, molte oscure. A parole tutti schierati a difendere il feticcio delle primarie, mentre in silenzio si lavorava per farle saltare, manovre alle spalle di candidati che intanto siglavano accordi discutibili, e secondo alcuni, «inconfessabili» con esponenti del centrodestra, come testimoniato da alcune fotografìe che hanno determinato il j'accuse del dalemiano Massimo Paolucci. Intese pericolose in una terra dove la camorra elegge da sempre sindaci e parlamentari. Ritrovarsi domenica sera con un risultato inquinato sarebbe un colpo mortale alla credibilità di un partito che ha la responsabilità del governo del Paese. È questa la posta in gioco delle prossime ore, più della stessa scalata alla seconda regione d'Italia, ceduta al centrodestra negli ultimi cinque anni, ma che per oltre un ventennio è stata roccaforte del centrosinistra di «rito» bassoliniano. I due principali sfidanti sono entrambi figli di qell'epoca: Cozzolino ex segretario provinciale del Pci, poi divenuto assessore regionale nella giunta Bassolino; De Luca, ex dirigente comunista e storico oppositore proprio dell'ex governatore. Le primarie ci restituiscono dunque l'immagine di un partito dove il renzismo non è mai arrivato, nonostante alcuni tentativi: la scommessa-Picierno tramontata tra scivoloni mediatici e la cooptazione in segreteria di Nicodemo, che a tempo record ha abbandonato il ruolo politico per lavorare nello staff del premier. Il Pd campano affida il proprio futuro a una parte del proprio passato. Tuttavia i due candidati hanno dalla loro una consolidata esperienza amministrativa e legittimamente possono aspirare a sfidare l'uscente Caldoro, mentre il «nuovo» che sarebbe dovuto emergere ha dimostrato nel bailamme di questi mesi di non essere all'altezza del compito. E ciò chiama in causa la grave responsabilità di una segreteria regionale, incapace tanto di ricomporre le cento anime di un partito lacerato, quanto di intercettare e selezionare una nuova classe dirigente nella società civile campana. Più che di «fonderie» e di «Leopolde», si avverte nostalgia di Frattocchie o della Camilluccia, le scuole in cui si formavano un tempo i dirigenti politici, soprattutto meridionali.

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