mercoledì 27 febbraio 2013

«Sindaco scassato dal voto». Intervista a Antonio Bassolino

Fonte: Marco Demarco da il Corriere del Mezzogiorno 

 «Dopo questo voto nazionale molte cose dovranno cambiare nel Paese, ma molte cose dovranno cambiare anche nel Pd, che ha sbagliato la campagna elettorale e a Napoli, città trascinata da de Magistris in una fallimentare avventura politica». Nel suo studiolo nella Fondazione Sudd, sotto una foto aerea di piazza Plebiscito impreziosita da un gigantesco fiocco rosso di Anish Kapoor, Antonio Bassolino, gioia e dolore della sinistra nazionale, due volte sindaco di Napoli e due volte governatore della Regione Campania, riflette sulle conseguenze del voto. Chi ha vinto queste elezioni? «Hanno vinto Grillo e il Movimento 5 Stelle. Ma c`è stato anche un clamoroso risultato del centrodestra e di Berlusconi, che perde rispetto al 2008, ma è riuscito in poco più di un mese a cambiare completamente lo scenario». Anche lei è stato colto di sorpresa? «Nel giro di un mese, io, come tutti, ho visto un Pd che calava, un Pdl che saliva e un Grillo che saltava». E dunque? «E dunque nulla. Nel senso che nella campagna elettorale del Pd nulla è cambiato. Spero che ora nessuno dica, come ai tempi del Pci, che la linea del partito era giusta, ma la sua applicazione inadeguata. Il Pd ha commesso molti errori a Roma come a Napoli». Quale l`errore principale? «L`eccesso di sicurezza». Come ai tempi di Occhetto? «Insomma». C`è di più? «Questa volta sono state messe insieme due cose ben diverse. E confonderle ha prodotto un ingannevole effetto ottico. Sono state messe insieme, cioè, le primarie vere, quelle tra Bersani e Vendola, un grande fatto politico che ha aperto il partito, che ha coinvolto milioni di persone; e le “parlamentarie”, che invece hanno chiuso il partito in se stesso, illudendolo che una così claustrofobica selezione dei parlamentari potesse nascondere la vergogna del “porcellum”. Vergogna che Grillo ha invece denunciato e dalla quale si è tenuto fuori».

Le «parlamentarie» hanno fatto tanto danno? «Penso proprio di sì, perché hanno riconsegnato il partito alle correnti, alle componenenti interne, alle sub-componenti e alle logiche di territorio. Poi ci sono state anche le designazioni dei candidati cadute dall`alto. Con il paradosso che queste designazioni c`erano anche ai tempi del Pci, ma mentre allora servivano ad aprire il partito alle forze migliori della società, oggi anche queste sono state utilizzate per rafforzare le componenti e le sub-componenti». Altri errori? «Dopo le primarie, che il segretario del partito ha avuto l`intelligenza e il merito di volere, Renzi è stato subito messo da parte. Bisognava invece coinvolgere in ticket con Bersani. Ma non nelle vesti di vice. No. Bersani doveva restare candidato premier e Renzi avrebbe dovuto occuparsi della campagna elettorale e incarnare il futuro del partito. Renzi sa stare in tv, sarebbe stato un ottimo anti-Berlusconi e un efficace anti-Grillo». Finito con gli errori? «Me ne vengono in mente almeno altri tre. Il primo: quello della lepre. “Noi siamo la lepre, gli altri ci inseguono”, ripeteva Bersani. Ma se c`è la lepre ci sono anche i cacciatori. E infatti sono spuntati Grillo e Berlusconi. Il secondo: sottovalutare la vittoria di Berlusconi nel campo avversario, quello di Santoro. Come non capire che a quel punto bisognava inventarsi qualcosa per ostacolare la rimonta del Cavaliere? Il terzo: Grillo a piazza San Giovanni. Ritengo assurdo che il Pd non abbia pensato neanche di prenotare in anticipo la piazza per sé». Torniamo a Renzi. Lei ne parla tanto, ma lo ha votato alle primarie? «No, ho votato per Bersani. Tuttavia, riconosco che il suo apporto sarebbe stato decisivo sui temi del rinnovamento della politica, del ricambio generazionale, della priorità dei contenuti sugli schieramenti e del merito sulle alleanze». E ora quale ruolo per il sindaco di Firenze? «Ora bisogna salvare il soldato Renzi. Bisogna evitare che, come ai tempi di Veltroni, quando tutti i dirigenti del partito erano veltroniani, con Bersani oggi tutti siano bersaniani». Veniamo al Sud. Anche lei pensa che se ne sia parlato poco in campagna elettorale? «Sì. Il Sud è sparito dall`agenda politica del Pd e del governo Monti, fatta eccezione per la sensibilità del ministro Barca». Tuttavia, non e che dal Sud siano venute nuove idee. È d`accordo? «Certo, il Sud ha le sue responsabilità. Non fu così negli anni Novanta, quando la sinistra traeva forza dal positivo conflitto tra Roma e la periferia del Paese; quando forte era la spinta innovatrice che veniva dalle città e noi sindaci riuscivamo a interpretare l`ansia di rinnovamento del Sud». Già, ma poi c`è stata la crisi del bassolinismo. E di errori ne ha fatti molti anche lei. «Non discuto le mie responsabilità. Mi preme sottolineare, però, che con la fine degli anni Novanta tutto cambiò. Archiviata la stagione delle città, fu varata quella del federalismo regionale. Fu un errore. Le città sono l`identità del Paese, le Regioni sono un`altra cosa. Fu allora che esplose la questione settentrionale. E il Sud cominciò a scivolare nell`angolo». Ma voi sindaci avevate il vento in poppa della spesa pubblica. «Altri tempi, certo. Ma a Napoli le cose migliori le abbiamo fatte negli anni Novanta a costo zero. Io, a differenza di de Magistris, non trovai un Comune in difficoltà: lo trovai in dissesto formale. Il che voleva dire, ad esempio, che le spese per la cultura erano considerate superflue. Eppure, aggirammo l`ostacolo». Ed eccoci a Napoli e a de Magistris. «In questi mesi il sindaco ha spinto la città in un`avventura politica. La sconfitta della lista da lui promossa insieme con Ingroia è stata cocente. Ma anche se avesse superato il quorum, che senso avrebbe avuto portare qualche uomo in Parlamento? Quale vantaggio ne avrebbe avuto la città? Un sindaco deve puntare ad avere tutto il Parlamento dalla sua parte. Non organizza una manifestazione di protesta in piazza Montecitorio. Un sindaco ha il dovere di dialogare con chiunque stia al governo: con Berlusconi o con Monti. E invece de Magistris, miracolato dalla coincidenza di una serie di circostante irripetibili, dall`autolesionismo del Pd alle primarie, dalla scelta di Morcone sconosciuto ai più, da una campagna elettorale brevissima e da un concorrente contestato dalla sua stessa parte, questo sindaco, dicevo, voleva scassare tutto, ma è stato scassato dal voto». Ma ora lo stesso de Magistris dice che «Rivoluzione civile» è una storia già finita. «Lo dice lui? No, lo hanno detto gli elettori, lui ne prende solo atto». E cosa dovrebbe fare? «Dovrebbe occuparsi delle buche stradali, del degrado culturale, della rovina del trasporto pubblico. E dovrebbe lanciare grandi idee per la città, perché quelle che attualmente sono in campo sono le stesse degli anni Novanta». Eppure, deve ammettere che c`è qualcosa di bassoliniano in de Magistris, quando promuove grandi eventi come la Coppa America. «Colgo la provocazione. E non discuto sulla utilità, talvolta, dei grandi eventi. Ogni città farebbe bene a promuoverli. Ma il punto è che questi eventi devono combinarsi con la cura quotidiana della città. Con me sindaco viaggiavano novecento autobus, oggi sono appena trecento. E vogliamo parlare delle buche?». Volentieri. «Il sindaco dice che non ci sono i soldi per intervenire. Ma, visto i rapporti che intercorrono tra lui e Caldoro, e visto che s`incontrano spesso, io mi chiedo se si vedono e si sentono per risolvere i problemi di Napoli o per coprirsi l`un l`altro. De Magistris non sa curare le relazioni con il governo. Ha scassato tutte le relazioni istituzionali tranne quella con la Regione. Ebbene, ne approfitti per fare arrivare il gasolio agli autobus e per asfaltare le strade». Dopo la sconfitta elettorale del sindaco di Napoli si ipotizza un ingresso del Pd in giunta. Un esito da auspicare? «Ora, dopo il voto, il Pd deve capire cosa è successo. E a Napoli non deve lasciarsi strumentalizzare. Deve piuttosto pretendere una grande riflessione sul destino della città e sulle nuove idee da mettere in campo». E i bassoliniani saranno della partita? «Macché. I bassoliniani non esistono. Il guaio è che nel mio partito esistono ancora i franceschiniani, i lettiani, i dalemiani e, in ambito napoletano, i cozzoliniani, i paolucciani, gli amatiani e via elencando. Dobbiamo smetterla con tutto questo. Ricostruire il partito vuoi dire riascoltare la voce di Napoli, del Sud e del Paese; vuoi dire tornare a sentirsi politicamente giovani dentro; capire che Grillo ha riempito un vuoto, che altrove, in Grecia, ad esempio, è stato riempito dalla destra peggiore. E infine me lo faccia dire: questo partito deve capire che il Movimento 5 Stelle è cento volte meglio della “Rivoluzione civile” di Ingroia e de Magistris».

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