lunedì 31 dicembre 2012

Rapiti, la preghiera di Ruggiero

Giovanni Ruggiero 
Astarita, Mastellone e D’Alessio prigionieri in Nigeria, il sindaco di Piano: «Signore, aiutali» 

Fonte: Salvatore Dare da Metropolis

Piano di Sorrento - «...Emiliano, Salvatore, Giuseppe... ti offriamo, Padre, i nomi e le storie dei figli della nostra terra, colpevoli di essere lavoratori in terra straniera... ti offriamo le loro paure e il loro coraggio, il loro silenzio e i loro sogni...Solo Tu, sai veramente di cosa hanno bisogno in questo momento... infondi in loro - come la carezza di angelo - la fiduciosa speranza di un presto ritorno a casa...». E’ la preghiera di Giovanni Ruggiero. Un uomo colpito nel profondo del cuore per l’ennesimo assalto ad una nave nelle acque africane. Il sindaco di Piano di Sorrento è amareggiato per il rapimento dei tre marittimi «strappati» al loro lavoro dalla violenza dei pirati. Il comandante Emiliano Astarita, 37 anni di Piano di Sorrento, l’ufficiale Salvatore Mastellone, 39 anni, Giuseppe D’Alessio, 32 anni di Pompei, sono ancora nelle mani dei guerriglieri nigeriani. E finora, di svolte, neppure a parlarne. Così ieri mattina il sindaco Ruggiero, sul proprio profilo Facebook, ha «postato» un pensiero per i rapiti del rimorchiatore «Asso Ventuno» della compagnia armatrice napoletana Augusta offshore. Si tratta di letta sabato sera alla celebrazione per la commemorazione dell’affondamento del Marina D’Equa. Poi un sussulto di fi ducia, speranza, affetto: «Aspettiamo...».

La politica, però, continua a ribellarsi. Basti pensare al comunicato diffuso ieri mattina dal senatore del Pdl, Raffaele Lauro, originario proprio della penisola sorrentina e che sui sequestri dei marittimi, già in passato, ha invitato il governo a fare il possibile: «Pur nell’assoluto rispetto del riserbo e del silenzio, richiesti dal governo nazionale sulla drammatica vicenda degli ostaggi della nave “Asso Ventuno”, che colpisce, di nuovo e pesantemente, innanzi tutto, la nostra terra e i nostri lavoratori del mare, il mio primo pensiero affettuoso va ad Emiliano, a Salvatore, a Giuseppe, ad Anatoly e alle loro famiglie, alle mogli ed ai figli, chiamati ad una prova durissima, dominata dall’angoscia e dalla paura, ma anche sorretta dalla speranza cristiana e dal comune auspicio di una pronta liberazione e di un rapido ritorno a casa. A questo pensiero solidale, che invoca un mondo più giusto e meno egoista, desidero associare tutte le persone (uomini, donne, giovani, anziani e bambini), che, a motivo della privazione della libertà, della mancanza di lavoro e dell’assenza di protezione sociale o familiare, rimangono vittime della violenza, dell’indigenza, dei bisogni più elementari e, finanche, della povertà assoluta».

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