mercoledì 26 ottobre 2011

Operazione Fiumi di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile presenta i risultati inediti di Ecosistema Rischio 2011

Campania ancora fragile ed esposta a frane e alluvioni: Nell' 87% dei comuni intervistati presenti abitazioni nelle aree a rischio idrogeologico. Da potenziare il sistema locale di protezione civile: solo il 58% dei comuni intervistati è dotato di un piano d'emergenza

In Campania, l'arrivo dell'autunno evidenzia drammaticamente la rilevanza dei pericoli legati al rischio idrogeologico. Sono 504 i comuni campani in cui sono presenti zone ad elevata criticità, l'estensione di tali aree esposte a rischio è pari a oltre 2.597 kmq (cioè circa il 19% della superficie dell'intera regione). Ben l'87% dei comuni intervistati ha nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio idrogeologico e il 36% presenta interi quartieri in tali aree. Nel 49% dei comuni campione della nostra indagine sono presenti in aree a rischio strutture e fabbricati industriali, che comportano in caso di alluvione, oltre al rischio per le vite dei dipendenti, anche il pericolo di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Inoltre, nel 24% delle amministrazioni intervistate sono presenti in zone esposte a pericolo di frana o alluvione strutture sensibili e nel 28% dei comuni sono state costruite in zone a rischio strutture ricettive turistiche o strutture commerciali. Solo tre fra tutti i comuni intervistati hanno intrapreso opere di delocalizzazione di abitazioni dalle aree più a rischio e in nessun caso le amministrazioni intervistate hanno provveduto ad avviare interventi di delocalizzazione di fabbricati industriali. Oltre la metà dei comuni in cui siano presenti zone esposte a rischio ancora non realizza una manutenzione ordinaria delle sponde, delle opere di difesa idraulica e più in generale del territorio. Solo il 58% dei comuni, si è dotato di un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione e appena un terzo dei comuni ha aggiornato il piano negli ultimi due anni: fatto estremamente importante giacché disporre di piani vecchi può costituire un grave limite in caso di necessità.


Questi dati, che dimostrano come nella regione Campania sia quanto mai urgente adoperarsi per la mitigazione del rischio idrogeologico e come debba rimanere alto il livello di attenzione per frane e alluvioni, sono emersi dall'indagine Ecosistema rischio, realizzata da Operazione fiumi, la campagna di Legambiente e del Dipartimento della Protezione Civile dedicata al rischio idrogeologico nel nostro Paese. Il dossier è stato presentato questa mattina a Salerno nel corso di una conferenza stampa alla quale sono intervenuti Giorgio Zampetti, Portavoce della campagna nazionale Operazione Fiumi, Michele Bonomo, Presidente di Legambiente Campania, Giancarlo Chiavazzo, Responsabile scientifico di Legambiente Campania e Antonio Fasolino, Assessore alla Protezione Civile della Provincia di Salerno. "Quanto riportato dall'indagine di Legambiente - dichiara Giorgio Zampetti, Portavoce di Operazione Fiumi -, mette in luce chiaramente la fragilità di un territorio dove bastano ormai semplici temporali, anche non particolarmente intensi, per provocare, allagamenti, disagi e seri pericoli per la popolazione, come dimostrano i tragici eventi di recentissima attualità, il territorio regionale risulta ogni anno più vulnerabile rispetto al passato. Una fragilità attribuibile ad un uso del territorio che non considera le limitazioni determinate dall'assetto idrogeologico. La Campania soffre in modo particolare di evidenti carenze e ritardi nella pianificazione territoriale e urbanistica, con costruzioni che sorgono in aree e su versanti troppo spesso fragili e instabili - conclude Zampetti - e un'urbanizzazione pesante delle aree a rischio resa ancora più grave all'abusivismo."
L'obiettivo dell'indagine Ecosistema Rischio è di verificare l'effettiva realizzazione di interventi volti a prevenire e mitigare il rischio da parte delle amministrazioni comunali monitorando sia il livello attuale di rischio sia le attività svolte dai comuni per mitigarlo. A questo proposito, ci preme sottolineare che, benché nel 67% dei comuni intervistati siano state realizzate opere di messa in sicurezza dei corsi d'acqua e di consolidamento dei versanti franosi, in Campania, le attività di messa in sicurezza sono state volte soprattutto alla costruzione o all'ampliamento di nuove arginature (35%). Solo in quattro casi (5%) fra i comuni intervistati, si è provveduto al ripristino e alla rinaturalizzazione delle aree di espansione naturale dei corsi d'acqua e solo nel 9% dei casi sono stati riaperti tratti tombinati o intubati dei corsi d'acqua. Da notare che solo nell'8% comuni si è provveduto al rimboschimento di versanti montuosi e collinari franosi o instabili. Mentre nel 24% dei comuni intervistati le attività di messa in sicurezza hanno previsto opere di risagomatura dell'alveo fluviale e nel 33% dei casi la costruzione di briglie. La realizzazione di interventi di messa in sicurezza rappresenta certamente il primo elemento imprescindibile per la limitazione del rischio. Tuttavia, riteniamo che tale dato vada valutato con attenzione, se è vero, infatti, che il problema è l'occupazione urbanistica di tutte quelle aree dove il fiume in caso di piena può "allargarsi", le opere di messa in sicurezza non possono trasformarsi in alibi per continuare a costruire nelle aree golenali. "L'elevata pericolosità da dissesto del territorio campano va sicuramente attribuita ad alcuni aspetti predisponenti indipendenti dalle attività dell'uomo -, dichiara Giancarlo Chiavazzo, Responsabile scientifico di Legambiente Campania -, tuttavia la causa principale dell'elevato livello di rischio che incombe sulla regione è una inadeguata o mancata pianificazione e gestione dell'uso del suolo. Ben il 64% delle amministrazioni comunali intervistate ha recepito nel piano urbanistico le perimetrazioni contenute nei PAI, ma occorre urgentemente adeguare i piani urbanistici alle mappe del rischio e dare maggiore efficacia a tali vincoli. Solo nell'ultimo anno questo territorio è stato sconvolto da numerose frane e alluvioni con conseguenze gravissime per le comunità locali, le attività economiche e purtroppo anche vittime. Per questo chiediamo che il nostro appello venga ascoltato, per mettere da subito in pratica una seria politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico". Anche per quanto riguarda le attività di pianificazione d'emergenza, uno strumento fondamentale per la sicurezza delle persone, sia al fine di organizzare tempestivamente evacuazioni preventive in caso di piena sia per garantire alla popolazione soccorsi rapidi ed efficaci in caso di calamità, le amministrazioni comunali campane appaiono ancora in ritardo. Solo nel 27% dei comuni intervistati è attiva una struttura di protezione civile operativa in modalità h24. Da rilevare anche che nel 50% dei comuni campione della nostra indagine è stato recepito il sistema di allertamento regionale e che solo nel 21% dei casi sono presenti anche a livello territoriale sistemi di monitoraggio finalizzati all'allerta della popolazione in caso di pericolo. Dalla nostra indagine risulta che il 28% dei comuni realizza attività di informazione rivolte ai cittadini e appena nel 13% dei casi sono state organizzate esercitazioni. Secondo i risultati della nostra indagine nessun comune campano raggiunge quest'anno il voto di eccellenza necessario per essere premiato da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con la bandiera "Fiume Sicuro", da esporre nel proprio territorio come riconoscimento del buon lavoro svolto nella mitigazione del rischio idrogeologico. I comuni più meritori fra tutti quelli che hanno partecipato all'indagine sono Pollica e Sapri, entrambi in provincia di Salerno, che ottengono un 8 in pagella: nei due comuni non sono presenti strutture nelle aree a rischio, sono state realizzate attività di manutenzione e interventi di messa in sicurezza, esiste un piano d'emergenza di protezione civile aggiornato, sono state realizzate attività d'informazione rivolte ai cittadini ed esercitazioni. L'altra faccia della medaglia in Campania è rappresentata dai comuni di Bagnoli Irpino, Moschiano e Quindici (AV) che, pur avendo la presenza di diverse strutture in zone a rischio, non si sono efficacemente attivati per una concreta opera di mitigazione del rischio né si sono dotati di un piano d'emergenza aggiornato.

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