sabato 28 maggio 2011

Lettera aperta sul dramma Fincantieri

Caro Direttore,
ti scrivo queste poche righe sulla situazione drammatica di Fincantieri perchè da sorrentino voglio esprimerti il mio punto di vista, le mie sensazioni, raccontarti il mio dolore nell’ascoltare le storie di ognuno di quegli operai che stanno per perdere lavoro ed dignità. Ho seguito la puntata della trasmissione “Annozero” di giovedì scorso, ed ho ascoltato con attenzione le parole degli operai dello stabilimento Fincantieri di Castellammare di Stabia, pronunciate con l’enfasi ed il trasporto emotivo che solo noi campani riusciamo a trasmettere ai nostri interlocutori; sono rimasto turbato dalle parole di quell’operaio, sulla cinquantina, che ha raccontato di aver fatto da sempre il saldatore, che la sua vita era tra la famiglia ed il cantiere, che la mattina si svegliava con la stanchezza, sì, ma anche con la felicità di andare al lavoro ed oggi invece aspetta che “passa la giornata” tra proteste ed umiliazioni. Caro Direttore, ti confesso che ho pianto, e credimi, da sorrentino, non so perché, mi sono sentito davvero piccolo; con calma, poi, ho cercato di analizzare la situazione e le sue origine storiche, che già in parte conoscevo per averne discusso più volte con chi, originario di Castellammare di Stabia, oggi senatore ed in passato titolare di importanti ruoli di governo istituzionale, conosce bene la situazione.



Nei giorni successivi ho parlato e mi sono confrontato con tanti mie conterranei della penisola sorrentina, politici, imprenditori, operatori economici e le frasi più ricorrenti che ho ascoltato sono state “ormai per loro la pacchia è finita”, “quelli di Fincantieri hanno sempre fatto il doppio lavoro, vendevano i taralli o gestivano bancarelle e negozi invece di stare sul posto di lavoro”, “ora ci bloccano la strada ed i turisti non arrivano in penisola” “noi cosa c’entriamo con Castellammare”; mi sono vergognato e mi sono accorto come la solidarietà, nonostante i ripetuti appelli della Chiesa (cui solo “formalmente” tutti siamo devoti), ai giorni nostri è un sentimento che non ci appartiene; guardiamo al nostro orticello, e tanto basta!!!!. Siamo distanti da Castellammare pochi chilometri, ma ci sentiamo lontani anni luce da quel dramma e da quel dolore che stanno vivendo nostri simili, e non bestie, delinquenti, terroristi o devastatori, nostri simili ripeto, che sono così disperati da andare a pregare dinanzi al santuario della Madonna di Pompei. Caro Direttore, ho imparato a rispettare il lavoro e soprattutto i lavoratori grazie agli insegnamenti di mio padre, comandante della Compagnia di Navigazione Tirrenia, che naviga da quasi 40 anni, e di mia madre di famiglia di albergatori di terza generazione, la prima in penisola sorrentina a fare “turismo alberghiero”, di cui oggi tutti si riempiono la bocca; ti assicuro che la solidarietà è un concetto che entrambi mi hanno insegnato, indipendentemente dalle classi sociali di appartenenza e dal diverso grado di benessere in cui si vive. Lo sai, caro direttore, che a Genova i negozi hanno chiuso in segno di protesta e che, a fianco degli operai Fincantieri dello stabilimento di Sestri Ponente, sono scesi in piazza a protestare anche lavoratori ed imprenditori di altri settori? Dai giornali e dai siti web locali, sento ricette di politici locali, imprenditori, manager, o presunti tali, che nulla “levano e mettono”, per dirla alla napoletana, a quello che in realtà già si sta concertando e prevedendo a livello di governo centrale, che esula dalla nostra piccola realtà: e cioè che il cantiere di Castellammare di Stabia non potrà mai essere chiuso!!!! Caro Direttore, per noi sorrentini, ora è il momento della solidarietà, ora è il momento della vicinanza e del rispetto della dignità del lavoro, e dei lavoratori di Fincantieri.

Con affetto. Giovanni Antonetti

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