domenica 31 maggio 2009

Il marchio infame di Casoria

Il grande errore di Sil­vio e Noemi è stata la scelta del ristorante. C’è poco da fare spal­lucce, è la verità. Si fossero visti al «Covo» di Venezia, al «Piperno» di Roma o per­fino allo «Scoglio» di Mari­na del Cantone, non sareb­be successo niente. Invece hanno optato per il «Villa Santa Chiara», senza ren­dersi conto che si trova a Casoria. E da questo detta­glio territoriale ha preso le mosse lo Scandalo che po­trebbe cambiare la storia del paese. La cosa, notoriamente, ha avuto un’eco planetaria. Non c’è stato giornalista ita­liano o straniero che non abbia sottolineato l’oscura circostanza di un uomo po­litico (e che uomo politico) il quale se ne va in giro di notte nell’hinterland di Na­poli. Ingenuità imperdona­bile. Casoria riuscirebbe a infangare anche il CV di Cromwell, figurarsi Berlu­sconi. In quei pochi chilo­metri acquattati tra Capodi­chino e Marcianise, dicono con una voce sola la Repub­blica e il Financial Times, si concentrano i peccati del mondo: la discarica di Giu­gliano, i dannati di Scam­pia, l’inceneritore di Acer­ra, la camorra di Casal di Principe. Come se, per sto­ria o magari per indole, Ca­soria fosse il centro del triangolo della morte, un marchio a fuoco, la madre di tutte le evidenze. Dimmi dove vai e ti dirò chi sei.E poco importa che Sil­vio sia nato a Milano e Noe­mi a Portici. Nessuno, rac­contando la buona novella, si è sognato di mettere al­l’indice i bauscia o gli abi­tanti del Miglio d’Oro. Ma Casoria, ai cronisti fameli­ci, dev’essere sembrata un’occasione succulenta per libere associazioni freu­diane, la location perfetta di storie torbide, patti e ri­catti, cosche e sesso trash, politica grassa e sudata, co­ca a volontà. Esistono territori nati per finire sulle cartoline e altri destinati al casellario giudiziale. Veltroni inaugu­rò il Pd tra i cipressi del­l’Umbria, mai gli sarebbe venuto in mente di farsi ri­prendere sullo sfondo di Villaggio Coppola. E Luigi Cesaro, pover’uomo, quan­ta fatica sta facendo per to­gliersi di dosso quel toponi­mo che gli macchia la fedi­na penale? Sant’Antimo, mi­ca facile. Del resto, è vero o no che anche a Bassolino Superstar c’è sempre qual­cuno che ricorda, ghignan­do, l’origine afragolese? Potenza degli stereotipi etno-politici. Se con Google Maps zoomate dall’Italia al Mezzogiorno, e poi alla Campania, e poi al Napole­tano, e poi al suo hinter­land settentrionale, vedre­te che perfino il vostro ami­chevole Macintosh mugu­gna e si ritrae. Come se stes­se scendendo nell’inferno. E la clava è sempre più no­dosa. In altri tempi, quan­do facevi un picnic nel Be­neventano, al massimo po­tevano assimilarti alle trup­pe mastellate. Bonari sfot­tò. La Prima Repubblica non era feroce come que­sta. Oggi non c’è scampo. Se vivi a Casoria, o soltanto ci vai a prendere un caffè, il meno che ti possa capitare è una manciata di Evola nei polmoni.Un giorno o l’altro, qual­cuno dovrà raccogliere le firme per salvare la reputa­zione della periferia Nord. Magari adottandola, come si fa con i monumenti. Se ne gioverebbe l’autostima delle centinaia di migliaia che ci abitano e, più anco­ra, questa politica che, gior­no dopo giorno, si inabissa sotto le lenzuola, costrui­sce illazioni sordide, me­scola Eros e Jus, strategie elettorali e razzismo antro­pologico. (Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno)

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