martedì 10 luglio 2007

La redazione di Agorà risponde



Una pratica da vecchio PCI




Gentile Segretario,
partiamo dai fatti. Ci scrive alcune lettere Giuseppe d'Esposito, membro del direttivo Ds di Vico Equense e noi le pubblichiamo. Diciamo chi ci ha scritto ed il ruolo che ricopre, rubricando il tutto come lettera aperta. Lei, forse, vorrebbe che noi cestinassimo le considerazioni di Giuseppe d'Esposito, in base all'assunto che l'unico legittimato ad esprimere la posizione ufficile del partitoè il segretario politico. La sua posizione ci ricorda tanto il centralismo democratico, una pratica politica presente all'interno dei partiti comunisti, in base alla quale la minoranza del partito era tenuta necessariamente ad adeguarsi alle posizioni espresse dalla maggioranza. Nessuno poteva dissentire, anche se non condivideva, pena la scomunica. L'unità del partito doveva prevalere contro i nemici di classe e l'accerchiamento capitalista, così si usava dire, alora.Nel 1989, come Lei ricorderà, con la cosiddetta "svolta" e le trasformazioni del PCI in PDS poi DS viene meno il centralismo democratico. In altri termini è posibile dissentire dalla posizione ufficiale del partito. Tanto è vero che nel PDS e poi nei DS si formano, come in tutti i partiti democratici, delle correnti. Questo processo ha investito, o avrebbe dovuto investire, anche il livello locale.



A Vico Equense negli ultimi anni si sono succeduti diversi gruppi dirigenti alla guida dei Ds e mai si è vista unanimità. Anzi, ci sono stati scontri feroci e lotte intestine, come avviene in tutti i partiti politici. La stampa, anche quella democratica, per usare un linguaggio con cui Lei ha familiarità, lo ha riportato. Dall'elezione del compianto Carlo Fermariello ad oggi, quante ne abbiamo viste. Compito di chi fa informazione è quello di dare spazio a tutti, a chi la pensa come Lei e anche a chi dissente da Lei. La sua posizione rappresenta la maggioranza del partito, e questo va tenuto in debita considerazione, ma non tutto il partito. Tra l'altro, di recente ci hanno scritto ache atri due componenti del direttivo cittadino, e dicono grosso modo le cose che afferma d'Esposito. Su sette membri del gruppo dirigente, tre che dissentono non ci sembrano proprio, come dice Lei: una voce stonata e fuori dal coro. Se vuole può sempre tornare all'antico: chiedere pubblica autocritica a chi dissente e se non si adegua cacciarlo. Così si faceva ai tempi del PCI. Lo statuto dei Ds, lo consente?



Cordiali saluti



La redazione di Agorà



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